11 12 2018

Hakokoju bambou forest - Kamakura

E’ già martedì. Lorenzo oggi è partito per il J-Parc (no, non il Jurassic Park, anche se forse sarebbe stato più divertente :D) e io sono rimasta in città: ho trovato un caffé linguistico in cui organizzano ogni giorno tre ore di scambio inglese – giapponese,  non posso perdere l’occasione di cominciare il prima possibile!

Ieri sera J., la ragazza coreana, ci ha invitato a cena preparandoci il “famoso” tteokbokki, un piatto tipico composto principalmente da gnocchi di riso saltati in salsa piccante, una prelibatezza! Questo scambio culinario ci piace e continuerà a lungo.

Ne approfitto oggi, che c’è un po’ di calma e fuori comincia ad essere freddo per passare tutta la giornata all’aria aperta, per raccontarvi della gita fuori porta che abbiamo fatto sabato. In compagnia di J. e di C. (un ragazzo cinese), siamo stati a Kamakura a visitare la cittadina che nel medioevo rivestiva il ruolo di centro politico e strategico del Giappone. Anche se per gli standard giapponesi potrebbe sembrare a malapena un villaggio, Kamakura riserva moltissimi luoghi di interesse, in particolare i suoi templi Zen. Essendo sabato, passeggiando lungo la via Komachi-dori abbiamo incontrato numerose ragazze giapponesi in kimono, anche loro in visita alla città, e anche qualche mamma con bambino rigorosamente vestiti alla maniera tradizionale, che colori!

Arrivati al tempio Tsurugaoka Hachimangu, abbiamo avuto anche la fortuna di assistere ad un matrimonio e di vedere ben altre due coppie di sposi nel parco circostante. L’abbigliamento degli sposi ha uno stile completamente diverso dal nostro, ma decisamente elegante in questo contesto. Ci sono templi e shrine in ogni dove e non ho intenzione di descriverveli tutti, ma uno assolutamente degno di nota è il tempio Hokoku-ji. Il tempio di per sé è bello come gli altri, ma il suo giardino di bambu è superlativo! Una passerella di legno ci fa passeggiare fra questi tronchi lisci e verdi, così diversi dalle foreste a cui siamo abituati. Nonostante i turisti, c’era un gran silenzio e una piacevole atmosfera di pace che ci ha fatto davvero apprezzare questo angolo di paradiso.

La seconda tappa del nostro sabato è stata al buddha gigante di Kamakura, nella località di Hase. La statua di bronzo è veramente imponente, più di 13 metri di altezza, e sovrasta le folle di persone in meditazione e di turisti curiosi. Poco più in là il tempio di Hasedera, meraviglioso architettonicamente per i suoi dettagli nero e oro e per il giardino circostante, con panorama vista mare, un giardinetto zen con i cerchi nella sabbia, la ruota della preghiera, e un tunnel scavato nella roccia che porta a piccole grotte in cui sono stati scolpite una serie di figure della filosofia buddhista. L’abbiamo visto con il calar del sole e l’accendersi delle luci policrome che qui amano tanto e a noi fanno un effetto strano. Con il buio non valeva la pena proseguire a visitare l’isola di Enoshima (C. invece ci ha salutati qui perché voleva andare comunque. Ci ha detto “I travel a lot, so I will be ok”, ma poi non l’abbiamo più visto.. ok), non molto distante, quindi siamo rientrati in big Tokyo per farci una serata in un izakaya proseguendo a zonzo per la sfolgorante Shinjuku. 

La domenica invece ce la siamo presa comoda: sveglia tardi e metro in direzione Akihabara:  un sogno per chiunque sia appassionato di giochi, videogiochi, tecnologia e maid café, dicono. In realtà siamo rimasti un po’ delusi, soprattutto per l’aspetto “tecnologico”. Probabilmente ci aspettavamo ancora una volta di trovare quel Giappone avvenieristico che supera la barriera della realtà, mentre ci siamo ritrovati in una enorme fiera dell’elettronica senza veri appassionati di elettronica. Vabbé, noi ci proveremo ancora ma sembra che l’immagine che avevamo di questo paese da questo punto di vista fosse distorta. Prima di rientrare a casa, abbiamo fatto un salto a Harajuku, un quartiere famoso per vedere teenagers vestiti in maniera bizzara che fanno shopping comperando calzini con le orecchie da gatto (ok, va bene, me li sono presi pure io) e qualsiasi genere di abbigliamento improponibile e di cibo “estremo” (ad esempio, crepes ripiene di cioccolato frutta gelato e panna montata, da mangiare come un panino). Anche qui ci aspettavamo di più.

E’ proprio vero che quando si parte per un posto nuovo è meglio lasciare a casa tutti i preconcetti e le aspettative, per lasciare che ogni cosa sia ad ogni sguardo un’esperienza nuova.   

Se volete seguire le nostre avventure, aggiungetevi all’album di google foto tramite il seguente link:

Sara e Lorenzo in Giappone

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