3 1 19
Sara Pisoni il 01/03/2019
Per i giapponesi l’inizio del nuovo anno è una vera festa. La maggior parte delle attività commerciali e dei musei sono chiusi per quasi tutta la settimana e, se non fosse per le lunghe code fuori dai templi, Tokyo sembrerebbe una città fantasma. Ok, forse è un po’ esagerato, però si nota la differenza rispetto a un giorno comune, non si vede neanche il signore che porta a spasso il suo barboncino marrone 10 volte al giorno qui sotto casa.
I giapponesi non fanno il classico countdown o il cenone del 31 dicembre, né alcun tipo di festeggiamento in particolare: stanno a casa con la loro famiglia. E’ una delle poche occasioni in cui si riuniscono e passano del tempo con i parenti mangiando Osechi-ryori. L’Osechi è il tipico piatto per il capodanno ed è preparato dalle donne giapponesi in modo da poter durare per tre giorni, tempo in cui anche le donne possono finalmente riposarsi senza pensare ai fornelli. Eh già, perché qui solo le donne stanno in cucina, evidentemente. Quando al caffè linguistico ho detto che anche mio marito cucina, le signore sono rimaste tutte scioccate e hanno giustificato la mia affermazione dicendo ” Ma certo, siete italiani, e gli italiani quando si tratta di cibo..” e poi grosse risate. Mah. In ogni caso, non si può cucinare durante il Toshigami-sama, che da tradizione scintoista sarebbe il periodo di tre giorni in cui le divinità (o spiriti degli antenati) portano il nuovo anno. Ogni pietanza ha il suo significato, ad esempio le uova di aringa simboleggiano la fertilità, i fagioli di soia neri la fede, la pasta di pesce protegge contro dal male e le sardine essiccate sono auspicio di buon raccolto. Come menu non sembra invitante, ma se funziona..
L’unica attività immancabile da fare a capodanno è la prima visita al tempio. Chi buddista, chi shintoista, a volte va bene perché nello stesso tempio ci sono elementi buddisti e shintoisti mischiati assieme, la cosa importante è andarci il prima possibile. Il santuario scintoista si individua facilmente perché per entrarci bisogna passare sotto il “Torii“. Il torii è una specie di barriera che separa i Kami (detti Kamisama per rispetto religioso) dalle persone, per questo bisogna inchinarsi prima di accedervi. Una volta superato il torii, si dovrebbe camminare ai lati della strada principale, perché si dice che le divinità stiano sempre al centro. In alcuni templi ci sono anche delle piccole pietre levigate chiamate Tamajari, ossia pietre con l’anima, e se ci cammini sopra ti purifichi – un’ottima alternativa per lo spirito, un po’ meno per il corpo. Prima di avvicinarsi al santuario, bisogna lavarsi le mani (c’è chi a volte si lava anche la bocca) al Chozuya:
Si intinge la coppa di bambu una volta sola e si versa l’acqua prima nella mano sinistra, poi nella mano destra, poi nuovamente nella sinistra se ci si vuole pulire la bocca e infine si fa scorrere l’acqua sul manico per purificarlo prima che lo utilizzi la prossima persona. Infine si raggiunge la sala del culto, Haiden: si mette una moneta nell’offertorio, si suona la campana, ci si inchina due volte e si battono due volte le mani per farsi sentire dai Kami. Si congiungono le mani in preghiera e prima di esprimere il proprio desiderio si sussurra ai Kami il proprio nome e la propria data di nascita, senza scordare di menzionare la propria gratitudine. Per concludere, ci si inchina un’ultima volta prima di lasciare il torii. Nel caso del tempio, il rituale è lo stesso, ma non si battono le mani e ci si inchina solo una volta.
C’è un altra tradizione che il primo dell’anno è sentita molto di più che in tutti i 364 giorni a seguire: l’omikuji, ossia il biglietto della fortuna. L’omikuji contiene una predizione divina per chi lo estrae e ce ne sono di molto belli ma anche di molto brutti. Si paga un’offerta e si scuote una scatola metallica contenente bastoncini di bambu numerati con i numeri giapponesi, si estrae un bastoncino e si apre il cassettino con il numero corrispondente, da cui si pesca il biglietto. Qualsiasi cosa si peschi non bisogna far trasparire nessuna emozione, da bravi giapponesi. Se il biglietto è di buon auspicio lo si porta con sé per avere sempre la fortuna al proprio fianco, altrimenti va annodato al tempio così saranno i Kami a prendersi cura della vostra cattiva sorte e la sfortuna non vi seguirà.
- Categoria: Diario di viaggio
Grazie per queste pillole di cultura, molto affascinanti