9 12 2018

Prima settimana di lavoro a Riken. Ufficio nuovo, persone nuove, integrale vecchio.

E’ passata una settimana da quando siamo arrivati a Riken ed è ora di fare il punto della situazione. La prima settimana è passata veloce, ma purtroppo, personalmente, non ho avuto molto modo di fare il turista.
So che la Tata è andata di qui e di lì, ha visto templi e parchi, e vi ha tenuti informati sulla situazione fra i Nipponi.
Quindi vi ritengo informati sulle ultime tre pagine del diario!

Ne approfitterò per parlarvi un po’ della mia settimana dal punto di vista lavorativo.
Dopo il primo weekend in cui siamo arrivati e ci siamo sistemati, il jet lag ha cominciato a mietere vittime fra le mie ore di produttività. Rimanere sveglio durante la conferenza a cui ho assistito martedì pomeriggio (dopo pranzo per di più) è stato molto complicato.
A parte questo piccolo dettaglio l’inizio settimana è andato molto bene e lunedì sera abbiamo avuto anche l’occasione di fare una bella festa in laboratorio la sera.
La nostra ospite, la professoressa E. H. (solo E. per gli amici) è stata molto carina ma purtroppo il gran numero di ospiti presenti non ci ha permesso di discutere di fisica quanto avrei voluto.
Per fortuna avevo molto lavoro arretrato e ho approfittato della settimana tranquilla per cercare di finire dei calcoli che mi servivano per un articolo cominciato a Gerusalemme.

Settimana prossima sarò a Tokai, un paesino in cui non c’è proprio nulla, a seguire una conferenza che si prospetta molto interessante.
Tata, purtroppo (più per me che per lei, dato che Tokai è proprio fuori mano), non mi seguirà.
Si dovrà impegnare per imparare più Japponese possibile in questi due mesi e la settimana prossima sarà l’opportunità per provare qualche scambio linguistico.

Oltre all’aspetto lavorativo, quello umano sta andando relativamente bene. Di solito è molto difficile entrare in contatto e confidenza con persone in un posto nuovo, ed il Giappone rende queste difficoltà ad un livello ancora più avanzato. 
Nonostante ciò siamo riusciti ad interagire molto bene con già due terzi del gruppo di cui faccio parte qui (tre persone in tutto) e con uno dei due ospiti a medio termine.

Il gruppo conta una dottoranda coreana (J.), un postdoc Japponese (Y.) e un postdoc Turco (U.) che assomiglia molto a un nostro caro amico (F. D.).

Il Turco lo abbiamo visto solo alla festa, abita molto lontano da qui (1h 30m) e lavora quasi sempre da casa. Però abbiamo già stabilito una certa connessione, forse per la vicinanza geografica dei paesi natii o forse perche sembra capire il mio umorismo.

Col Japponese siamo usciti a fare una serata socievole. Ci ha portati in un ristorante poco lontano da qui, nel centro di Wako (Letto Vuacò, senza mettere l’accento sulla “i”).
La serata è stata bellissima e noi ci siamo sentiti un po’ più liberi dalle costrizioni sociali Japponesi dato che Y. ha studiato per un periodo in Italia ed eravamo sicuri che non si sarebbe offeso anche se avessimo fatto un po’ di cose strane per le persone  locali.
La cena è stata fantastica, Saké (che è il drink, da non confondersi con Shake che è il salmone), pinne di razza fritte, tempura, riso con maialino in salsa di soia (in inglese Pork, ma qui la “rk” è muta e devi dire “Po” sennò la gente non ti capisce) ed infine sashimi di pesce palla (!!).
Tutto buonissimo! E siamo ancora vivi! 

Un’importante nota è che durante questa settimana siamo riusciti a fare bere alla Tata un certo quantitativo di Saké ed altri cordiali (mai vista una cosa simile!); ma sta bene e non sembra averne risentito!
Mi ha già detto, in più di un occasione, di amare molto il Saké alla prugna… Prendo nota.

Con la dottoranda Korena (J.) abbiamo stabilito un ottimo rapporto anche perché, come dicevo, il Jappone non è molto amichevole con chi viene dall’estero e per un dottorato può essere un esperienza frustrante (anche per chi abita a casa ed è coccolato da familiari ed amici) e volevamo provare ad esserle più di conforto possibile.
Abbiamo, quindi, deciso di organizzare uno scambio culturale: noi le insegnamo le basi della cucina Italiana e lei ci insegna quelle della cucina Koreana!
La lezione di oggi era sulla Amatriciana… Quasi Amatriciana… Non sappiamo leggere il Japponese quindi abbiamo cercato la cosa più simile al guanciale o almeno alla pancetta… Beh qualunque cosa noi abbiamo comperato NON era pancetta. Ma la pasta è venuta molto buona comunque! Yeee!  (ci mancava un po’ la pasta. Viva la pasta! ).

In Laboratorio ci sono anche due ospiti che vengono dalla Cina, sembrano ragazzi svegli, ma siamo riusciti a convincerne solo uno a venire in gita con noi questo weekend.
Loro lavorano in Cina dove fanno il dottorato, ma vengono spesso qui dato che il loro è un progetto di doppia laurea.

Si diceva che il Giappone è un po’ diffidente con gli stranieri, infatti il nostro desiderio di passare una serata con una famiglia Japponese vera sembrava destinato ad non avverarsi mai.
Ma come tutti sappiamo la carta “essere italiani” ti aiuta a conoscere persone e vincere la diffidenza iniziale… perche lo sappiamo tutti: “ah! Italiani! Pasta, piazza, mandolino! sono stato anche io a Napoli 30 anni fa! (???) Siamo quasi fratelli! Vieni a cena da noi che ti raccontiamo dei bei tempi andati!” .
Quindi in treno abbiamo rimediato un invito a pranzo/cena da una signora Japponese molto simpatica che parlava addirittura inglese!
Mentiremmo se dicessimo che non ci ha fatto piacere, e stiamo aspettando con trepidanza il giorno in cui metteremo piede in una vera casa Nipponica!!! 🙂

Domani si torna al lavoro, con la speranza di poter parlare con la professoressa E. H. e con molto lavoro arretrato ancora da fare.
Un’ ultima menzione va alla mensa in cui una scodella di Udon o ramen si paga 1.50€, molto poco per un pasto caldo e che io apprezzo sempre moltissimo!! Alla Tata la mensa non piace moltissimo, ma io apprezzo molto un pasto leggero, salutare, caldo e non troppo costoso per le giornate lavorative. 

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Se volete seguire le nostre avventure, aggiungetevi all’album di google foto tramite il seguente link:

Sara e Lorenzo in Giappone

Israele

King George Street - Jerusalem

Immersione in un Medio Oriente di sorprese e contraddizioni, alla ricerca di risposte che ci cambieranno la vita.

Aneddoti alla scoperta del paese da Nord a Sud

Sono tante le tappe di questa avventura in Israele, ma ne servirebbero ancora molte per capire veramente questa terra e le sue persone. 

Questo viaggio ci ha insegnato molto, ma col senno di poi sappiamo che abbiamo colto solo la più esterna sfaccettatura di un mondo estremamente complesso dalle tradizioni apparentemente assurde ma identità del popolo di Israele, etnicamente diverso ma unito nel profondo da un antico retaggio.

Galilea

Safed (Tsfat) è la città della cabala ebraica. Noi ci siamo capitati di shabbath e per le strade non c’era anima viva, solo bandierine svolazzanti dello stato di Israele in tinta con le imposte blu tipiche della città. Safed è anche detta città degli artisti, per le sue  gallerie d’arte moderna e le innumerevoli installazioni nelle piazze e nelle strade del centro.

Un simpatico signore che si godeva il fresco in un vicolo appena fuori da casa sua ci saluta e ci chiede perché siamo a Safed. Alla risposta “siamo curiosi e vogliamo scoprire qualcosa di più su questo posto e le sue tradizioni” ribatte con una domanda che ci lascia in un primo istante un po’ perplessi: “Volete scoprire qualcosa di davvero straordinario? Seguitemi”, valica la porta di casa e ci fa cenno di entrare. Decidiamo di fidarci (questa sarà un atteggiamento ricorrente in questo viaggio) e lo seguiamo scendendo una scala che scende verso delle cantine. 

Il percorso, stretto nella roccia e illuminato da piccole lucine, ci conduce ad una fonte sacra vicino a cui è stata costruita una sinagoga sotterranea. Un gruppo di studenti ebrei-americani stavano prendendo insegnamenti da un rabbino e noi, silenziosamente, assistiamo a questo spaccato di vita lontano anni luce dalla nostra tradizione ma che, al contempo, ci fa capire quanto profondo sia il rapporto con la religione di questo popolo.

Tiberiade è una delle quattro città sante della religione ebraica e meta di pellegrinaggi cristiani. Si affaccia sull’omonimo lago, da cui si ha una bellissima vista sulle alture del Golan in lontananza. Volevamo vedere se c’è ancora qualcuno cammina sulle acque del lago ma niente, solo i tipici barconi di legno che fanno rivivere tempi lontani 

Costa mediterranea settentrionale

Acri , o Akko, si inoltra con i suoi bastioni secolari nel mar Mediterraneo a nord di Haifa. La città è una delle più antiche del paese (il che è tutto dire!) ed è un misto di architetture tradizionali, dal classico stile arabo delle numerose moschee all’impronta crociata delle sale dei cavalieri. 

Una meta davvero imperdibile: oltre al panorama scenografico, al souk suggestivo sia da aperto che da chiuso, e agli edifici storici e religiosi da visitare, non si può fare a meno di dì fermarsi a colazione in una delle invitati pasticcerie della città antica che servono anche il tipico caffé (se cercate un espresso non siete nel posto giusto).     

Il lato inaspettato di Acri sono i caravanserragli, una volta luogo di deposito e scambio merci, ora trasformati in piazzette piene di bar e ristoranti dallo stile più variegato. La gente del posto vi si riunisce nelle sere estive per fumare narghilé e attende pazientemente che cominci la trasmissione sui maxi schermi che vengono allestiti verso le otto di sera. Ci siamo chiesti, da classici italiani, che partita stessero per trasmettere. Altro che calcio, la piazza era gremita di famiglie numerose, compagnie di amici, tavoli di uomini anziani, tutti rigorosamente fumanti e silenziosamente in attesa che cominciasse la telenovela di qualche emittente locale che, evidentemente e inspiegabilmente, aveva un grande successo. Paese che vai, usanza che trovi.

Tel Aviv – Giaffa

Tel Aviv è la città israeliana moderna e dinamica per eccellenza. Spesso è una meta sottovalutata, associata solo a movida e vita da spiaggia, mentre racchiude un patrimonio museale e architettonico (specialmente Bauhaus) degno di nota. 

Dall’antica Giaffa, in cui si può gustare un ottimo Shakshuka dal Dr Shakshuka e da cui c’è la più bella vista della città nuovapassando per quartieri storici e mercati coperti fino ad arrivare agli imponenti grattacieli moderni che spuntano come funghi, Tel Aviv è una metropoli tutta da scoprire, anche per noi.

Gerusalemme

Quante cose ci sarebbero da dire sulla città santa. L’abbiamo girata in lungo e in largo, eppure c’è sempre qualcosa di sconosciuto che non aspetta altro di essere scoperto. Abitare in pieno centro è una posizione strategica per raggiungere le varie zone della città, dalle più turistiche, ai quartieri più bizzarri e alle zone meno battute.

Vale la pena ricordare che Gerusalemme è una capitale religiosa per le tre grandi religioni monoteiste, e che è la capitale degli ebrei di tutto il mondo, che spesso lasciano la terra natia per approdare nella terra promessa. Per questo, non fatevi mancare il people watching, una delle attività più significative per capire a fondo questa città e questo popolo, anche per chi ha solo poco tempo da dedicarvi.

Di seguito, la nostra personale lista per visitare al meglio città (non in ordine di importanza, questo lo deciderete voi).

Città Vecchia – se decidete di visitare la città vecchia, assicuratevi di passare in tutti i quartieri (in ordine alfabetico, per non fare torto a nessuno, Arabo, Armeno, Cristiano ed Ebraico) e non solo passare da un punto di interesse ad un altro. Per quanto sia difficile rimanere in equilibrio sulla pietra levigata, cercate di tenere il naso per aria e di guardarvi intorno il più possibile: in ogni viuzza c’è qualcosa di storico, artistico o semplicemente interessante, che vale la pena notare. Da non perdere (i “classiconi”): Santo Sepolcro, Muro del Pianto, Spianata delle Moschee. Piccole perle: Chiesa di San Giovanni Battista (non facile da trovare, vi si accede da una porta di legno “per nani” fra una bancarella e l’altra del mercato che conduce al Santo Sepolcro), L’Ostello Austriaco (anche questo si mimetizza, ma la porta è decisamente più grande, di lamiera rossa. E’ sempre chiusa e bisogna suonare per farsi aprire. Fatevi una buona fetta di sacher o strudel prima di salire sulla terrazza panoramica), il palazzo di Lady Tunshuq (uno degli esempi di architettura araba meglio conservati della città). Consiglio spassionato: perdetevi nel quartiere Armeno, magari alle prime luci della sera. Se avete tempo, vale la pena visitare la cittadella (accesso entrando dalla posta di Giaffa, svoltando a destra) e fate almeno uno dei percorsi sulle mura, nord o sud.

Città di David – dalla porta di Zion seguire le indicazioni per il museo città di David, dove si possono visitare i resti dell’antico sito di Gerusalemme (5 minuti a piedi). Se niente vi spaventa e se la stagione lo permette, percorrete il tunnel sotterraneo che vi porterà dal sito alla piscina di Siloe, ma ricordate di portare calzature resistenti all’acqua e una torcia frontale: il percorso è lungo circa 400 metri, quasi completamente al buio e il livello dell’acqua varia dalle caviglie alle ginocchia. Non è adatto a chi soffre di claustrofobia.

Mishkenot Sha’anaim – questo quartiere è il primo insediamento ebraico al di fuori delle mura. Da vedere, assieme al parco che lo circonda e il mulino Montefiore.

First Station – se siete alla ricerca di una piacevole passeggiata fuori dal traffico cittadino la First Station fa per voi. La vecchia stazione ferroviaria è stata trasformata in un parco divertimenti con numerosi bar e ristoranti, il luogo ideale per le famiglie con bambini. Da qui parte un percorso pedonale e ciclabile che percorre la zona sud della città, passando anche per la colonia tedesca (Emek Refaim) che vale una visita.

Downtown Triangle – la città nuova ha tanto da offrire quasi quanto la città vecchia. Una serie di locali e negozi che continuano a cambiare vi porteranno dal più fashon centro della “moda” di Mamilla alla zona pedonale di Zion Square. Percorrete Jaffa Street guardando a destra e sinistra, ma facendo attenzione alla Light rail che sfreccia piuttosto di frequente (ma è un ottimo modo per spostarsi fra città vecchia e nuova). In questa zona, a parte la carne di maiale, c’è tutto. Ottimi locali dove ascoltare anche musica dal vivo ogni sera.

Mercato Mahne Yehuda – questo eccentrico ed effervescente mercato coperto è un immancabile appuntamento per chiunque di rechi in città: centro per gli affari durante il giorno, quando le bancarelle sono cariche di prodotti freschi (frutta verdura, pane, dolciumi, frutta secca, spezie, e chi più ne ha più ne metta) e movida notturna al calar del sole. I banchi carichi di merce vengono ritirati e convertiti a banconi da birra e cucine per ristoranti di ogni genere. Uno dei migliori posti per passare una serata giovane in città.

 

 

Nachalot  proprio accanto al mercato si erge questo quartiere dai tetti rossi. Perdetevi nelle stradine strette per osservare l’architettura originaria e scoprire cortili interni e piccole sinagoghe. La visuale migliore sull’intero quartiere si ha da Sacher park.

Mea Shearim – uno dei più antichi quartieri di Gerusalemme, è abitato dai cosiddetti Haredim. Ottimo luogo per osservare uno spaccato di vita da shtetl e fare people watching se siete interessati a usi e costumi degli ultraortodossi e se siete incuriositi dai cappelli neri. 

Mount Herzl – prendete la light rail fino al capolinea e non perdete una visita al Mount Herzl e all’impressionante museo Yad Vashem (ingresso gratuito) Ente nazionale per la memoria della Shoah, in cui si può ripercorrere la storia del popolo ebraico anche nelle vicende meno note.

Territori Palestinesi

Betlemme, la città del muro. Neanche 10 chilometri da Gerusalemme, da centro a centro, eppure così distante, per via di questa imponente barriera di cemento. Sebbene sia meta di pellegrinaggio cristiano per via del suo forte significato religioso, il primo impatto che si ha arrivando dalla Città Santa è quello di oppressione: 8 metri incorniciati da filo spinato separano inesorabilmente lo stato di Israele dalla Palestina. L’unico lato, se così si può definire, positivo, è la voce forte degli artisti che hanno usato questo muro come tela per le loro opere, creando dei veri e propri capolavori di arte contemporanea. Banksi e molti altri meno noti, hanno conferito al muro un secondo significato, delineando a colpi di bomboletta la loro visione del conflitto israelo-palestinese. 

Ma Betlemme è anche altro: una vera città-presepe, che concilia tradizione e turismo. Noi ci siamo capitati per la prima volta a Natale: la piazza principale davanti alla chiesa della natività era affollatissima di pellegrini che pregavano cantando intorno ad un presepe in scala reale. Venditori di mais caldo e zucchero filato ovunque, una  vera atmosfera di festa! Per non parlare poi dei migliori falafel mai mangiati, ma questo è un altro discorso.

Gerico, è la città a più bassa altitudine di tutto il mondo (-250m s.l.m.) nonché, secondo molti, la più antica. Raggiungerla con i mezzi pubblici da Gerusalemme non è banale: si parte dalla stazione dei bus della porta di Damasco con destinazione Betlemme o Ramallah e da qui prendere uno Sherut (o taxi collettivo) in direzione Gerico. Sembra facile, ed è facile dopo averlo fatto per almeno una volta, ma al primo tentativo si brancola un po’ nel buio visto che non ci sono indicazioni precise su dove sia la “stazione” di partenza degli Sherut, né su quale Sherut porti alla destinazione desiderata. Inoltre, lo Sherut non parte fintanto che tutti i posti non sono occupati. 

La strada che porta a Gerico è un serpente che striscia nel paesaggio roccioso scendendo curva dopo curva nelle profondità del deserto della Giudea. Per essere una piccola città, i punti di interesse sono molti, fra cui il monastero di san Giorgio sul monte delle tentazioni, Tel-al-Sultan, il palazzo di Erode (uno dei tanti), il Sicomoro o albero di Zaccheo, e il palazzo di Hisham.

Essendo sei amici in gita, abbiamo avuto la fortuna di riuscire a convincere l’autista dello Sherut a dedicarci la giornata e a farci scarrozzare di qua e di là visto che viaggiavamo quasi a pieno carico (7 posti in totale). A fine giornata avevamo ormai stretto amicizia anche con lui, tant’è che ha insistito per presentarci ad alcuni amici. Anche in questo caso, come successo precedentemente a Safed, decidiamo di fidarci e di farci coinvolgere dalla gente del posto, pensando all’ottima occasione per scambiare due parole con chi vive dall’altro lato della barricata e ascoltare la versione della gente palestinese. Ci fermiamo davanti a una serra e ci inoltriamo fra le piante incolte fino a raggiungere un baracchino con qualche divanetto e un tavolino di vetro fra le piante: gli amici del nostro autista ci hanno accolto calorosamente con un rigenerante tè alla salvia appena fatto e con tante domande in un inglese un po’ stentato, misto all’arabo. La curiosità verso questi giovani visitatori che hanno il coraggio di varcare il confine è tanto e vorrebbero sapere tutto di come siamo venuti a conoscenza della loro città e del perché abbiamo voluto visitare la Palestina. Superata la barriera di iniziale diffidenza una volta capito che siamo italiani, un po’ a gesti e un po’ a sentimento siamo riusciti a comunicare rispondendo alle loro  domande e facendoci raccontare qualcosa di loro e di com’è la vita in Palestina, e nello specifico a Gerico.  La carta “Italia” è spesso vincente in queste circostanze e ancora non capiamo come il nostro paese riscuota tanto successo all’estero, ma siamo contenti di poter godere di questa fortuna e di poterci portare a casa esperienze umane come questa, del tutto singolari.

Ramallah è la capitale della Palestina, cuore pulsante del West Bank e crocevia di chiunque voglia spostarsi nei Territori settentrionalli. 

Nel fulcro della città si erge fra le bandiere svolazzanti un’enorme chiave di metallo, la chiave tramandata di madre in figlio, simbolo della cacciata del popolo palestinese da parte di Israele e della promessa perpetuata di generazione in generazione di fare ritorno nelle proprie case. 

Noi Ramallah l’abbiamo vista solo in qualche ora di passaggio ma l’impressione è quella di una città giovane e in promettente e rapida evoluzione.

Nablus è la città del sapone all’olio d’oliva, ma sopratutto del Knafeh. Il knafeh è un dessert tipico del medio oriente fatto di formaggio fresco e spaghetti di semola imbevuti nello sciroppo di zucchero, il tutto cotto in enormi teglie da forno e guarnito con croccante granella di pistacchio: si dice che la ricetta tradizionale di questo dolce delizioso sia originaria proprio della città di Nablus. 

Nablus si trova a nord di Ramallah, immersa fra colline di ulivi. L’industria legata all’olio d’oliva è una delle più sviluppate in questa zona, dove sorgono numerosi laboratori artigianali di lavorazione dell’olio per la creazione di sapone, alcuni dei quali sono persino visitabili. 

La città vecchia è per metà un antico mercato coperto, il tipico mercato arabo con carabattole ovunque e piramidi di frutta e spezie colorate, e per metà borgo dalle viuzze di pietra con decori tipici dell’architettura araba in cui la gente mangia knafeh appena fatti, va ai bagni turchi pubblici, o va a pregare alla grande moschea al-Nasr.

Anche la città nuova è da vedere, con i suoi negozi “alla moda”, le gioiellerie dalle vetrine luccicanti d’oro e il fermento di tanti giovani che abitano questa città. Anche qui la gente ci chiede incuriosita da dove veniamo: al grido di “Italia!” collezioniamo parecchi “pollici in su”, quindi tutto bene. 

Il Mar Morto

Il Mar Morto è uno spettacolo della natura: un bacino di acqua salatissima a -400m s.l.m.. Si raggiunge in brevissimo tempo da Gerusalemme, percorrendo in parte la strada che porta anche a Gerico. Mano a mano che ci si avvicina, si vede inciso nelle rocce adiacenti la strada una serie di scritte: “-100”, “-200”, e così via, fino a scorgere la riva più settentrionale di questo specchio di acqua salata. In questa zona ci sono le grotte di Qumran, dove sono stati scoperti i famosi rotoli del Mar Morto (ora conservati nei musei d’Israele e Rockefeller a Gerusalemme), e distese di palme da dattero. Assaggiate questi frutti se ne avete l’occasione, non hanno nulla a che vedere con quelli che troviamo nei nostri supermercati!

Il parco nazionale di Masada si estende fra le rocce del deserto di Giudea all’altezza del confine fra i bacini settentrionale e meridionale del Mar Morto. Il sentiero del serpente risale i 400 metri di dislivello dal mare alla fortezza di Masada, famosa per l’antica vicenda dell’omonimo assedio nella prima guerra giudaica. Percorrere il sentiero alle prime luci del mattino e vedere sorgere l’alba sul Mar Morto è un’esperienza da fare, se siete nei paraggi! Tranquilli, potete comodamente e gratuitamente campeggiare alle pendici della rocca come abbiamo fatto noi, o soggiornare nell’ostello sottostante, per rendere più confortevole la levataccia. Per i più pigri, c’è anche una cabinovia attiva dalle 8 del mattino, ma si perde tutto il romanticismo.

La fortezza si mimetizza con la roccia: tutto ha lo stesso colore ocra, rendendolo un avamposto strategico di tutto rispetto. Visitando Masada si possono vedere i resti degli accampamenti romani e il sito archeologico della fortificazione, nonché lo spettacolare palazzo di Erode a più piani affacciati vista mare (uno dei tanti, come già dicevamo). Anche lato deserto si hanno delle splendide vedute sui wadi circostanti e le infinite distese desertiche. 

Ein Gedi è uno delle riserve naturali più rinomate dello stato di Israele. Si più percorrere seguendo i sentieri che si inerpicano lungo il wadi David. Una vera e propria oasi nel deserto, ricca di vegetazione, acqua, cascate e animali selvatici che si godono la pace di questo luogo incantevole.  

Ein Bokek è una località balneare sul bacino meridionale. Al contrario di altre spiagge, a Ein Bokek non ci sono i fanghi ma il colore dell’acqua e il panorama circostante lo rendono una delle destinazioni predilette per chi vuole rilassarsi e galleggiare nelle dense e salatissime acque del Mar Morto godendo dei suoi numerosi effetti benefici. Ricordate però che se siete appassionati di tuffi di testa, il Mar Morto è vivamente sconsigliato!   

Il deserto del Negev

Il Negev è una regione desertica che corrisponde a circa il 60% dello stato d’Israele e si estende dal Mar Morto al Mar Rosso. Quest’area molto vasta è scarsamente abitata, anche se la città di Be’er Sheva, capitale della regione, è negli ultimi anni meta di migrazione per giovani e start-up che ne stanno facendo la capitale cyber del paese.  

Noi l’abbiamo percorso dal Mar Morto a Eilat e siamo ritornati a Gerusalemme passando per Be’er Sheva. Un’enorme distesa di roccia dalle tinte più variegate ci accompagna per chilometri e chilometri, fra piccoli kibbutz o moshav ,e cartelli di “pericolo, attraversamento cammelli”.

 La prima tappa che facciamo in questa zona è il Timna Park, la miglior rappresentazione delle bellezze naturali tipiche dei deserti rocciosi. Si può esplorare sia in auto che in bicicletta (si può noleggiare), anche a piedi se si vuole ma la regione che copre è piuttosto estesa rendendo difficile una visita in giornata. Oltre alle formazioni rocciose, il parco è peculiare per il suo lago, le incisioni rupestri e per le antichissime miniere di rame.

 

Eilat è una meta marittima vivace e gettonata tutto l’anno dagli amanti del mare, locali e non. Situata sulla riva più settentrionale del Mar Rosso, offre una lunga promenade contornata da lussuosi hotel e con vista sulla città “gemella” Aqaba (Giordania). Il panorama è particolarmente bello quando si accendono tutte le luci della sera e tutta la costa brilla. Ad Eilat si può ammirare la barriera corallina, sia facendo snorkeling che camminando lungo la barriera nell’osservatorio sottomarino.

Da Eilat, percorrendo per un quarto d’ora la strada 12 in direzione nord, vale la pena inoltrarsi nel deserto alla ricerca del Red Canyon. Una versione ridotta, ma in proporzione analogamente affascinante, del Red Canyon americano. 

Procedendo in direzione Be’er Sheva, si passa un’enorme depressione dai colori ocra, rosso e nerochiamata Makhtesh Ramon, uno dei più grandi crateri al mondo. Noi l’abbiamo visto con il brutto tempo, ma l’effetto è comunque stupefacente, soprattutto osservandolo dal punto panoramico di Mitzpe Ramon.

15 9 2018

Ammetto di essere ancora una volta indietro con i post. C’è molto da raccontare partendo da come è andata la conferenza a Norfolk fino ad arrivare a oggi a Gerusalemme, passando per Francia, Seattle, British Columbia ed infine italia. Ma proverò a recuperare pian piano. Partiamo quindi dalla conferenza di Norfolk, il topic della quale erano gli Hyperoni. Questo è un argomento abbastanza nuovo per me e abbiamo cominciato ad applicare quello che ho studiato durante il Dottorato a questo strano campo della fisica Nucleare solo un anno fa. Ero preoccupato di riuscire a comunicare le mie argomentazioni in una comunità che comunque ha una terminologia differente e che presta attenzione a sfaccettature della fisica diverse da quelle a cui sono abituato. Fortunatamente erano presenti diversi conoscenti e amici che mi hanno spiegato le cose che non capivo, mi hanno tenuto compagnia e con cui abbiamo anche iniziato un progetto insieme  . Devo comunque dire che, benché il mio talk fosse potuto comunque essere migliore, è stato accolto con calore e mi sono state rivolte diverse domande che suggerivano che il lavoro è in qualche modo interessante. Anche la parte sociale è stata stimolante: ho avuto il piacere di reincontrare diverse persone come A., D., M. e S. e di conoscerne altre nuove, come D.: un professore che si occupa di Reazioni a Parigi, e H.: la capa del laboratorio di fisica degli hyperoni in Giappone. Abbiamo anche fatto una piacevole crociera nella baia, durante la quale, fra corazzate, basi militari e lingue di terra verdi, abbiamo cenato e chiacchierato tutta la serata. Non che la virginia sia lo stato più interessante, ma ho apprezzato il panorama e Portsmouth è una città carina se siete appassionati di cose militari e siete MOLTO ciabattai. Per il resto non c’è molto da vedere e la conferenza non ha lasciato molto tempo per il turismo. Purtroppo le temperature non erano il massimo, 35° C fuori con tantissima umidità e 18-19° C dentro l’hotel con i pinguini che salutavano ogni volta che entravi nella sala conferenze, è stata, però, una bella esperienza in una comunità nuova. L’ultimo giorno di giugno sono andato a ri-noleggiare la macchina (purtroppo non più il maggiolino rosso) e ho cominciato il mio lungo viaggio verso l’Italia. Sull’aereo ho anche incontrato una giovane coppia che stava andando a Disneyland e, dopo aver visto che anche loro avevano la Switch (la console che mi porto per i lunghi viaggi in aereo), gli ho proposto una partita a Mario Kart. Il viaggio è passato rapidissimo e in un men che non si dica siamo arrivati ad Orlando, abbiamo spento la console e ci siamo accorti che tutto l’aereo stava osservando il nostro match. Il volo lungo è stato tranquillo e quasi non lo ricordo… avrò dormito come al solito …  La settimana dopo sono stato in Italia con la Tata, è stato bello rivedere tutta la famiglia e gli amici, con i quali abbiamo fatto anche una bellissima pizzata al K. Purtroppo è durato poco perché la domenica dopo era in volo per Parigi …

25 6 2018

Sono passati piu di sei mesi dall’ultimo post, non mi sono dimenticato di voi, ma un po’ la routine e un po la mia pigrizia… in fondo sono i primi mesi che impressionano no?
Per aggiornarvi posso solo dire che io e S. ci siamo sposati, una giornata bellissima e memorabile che sarà impossibile scordare, che è il preludio di un futuro che si prospetta altrettanto bello.

prima di torniare al motivo per cui ho creato questa pagina: raccontarvi qualcosa dei miei viaggi, voglio raccontarvi dei miei programmi cosi che non vi perdiate.

Oggi sono in Virginia, la prima meta di un’estate a dir poco movimentata.
Settimana prossima sarò in italia, poi Caen in Francia ed infine di nuovo in israele per due settimane. Ad agosto ripartirò per Settle e quindi British Columbia per le vacanze (non vedo l’ora)!
Poi di nuovo italia per presenziare a qualche nozza e quindi israele di nuovo e poi… beh è troppo distante per pensarci…

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Vorrei raccontarvi la mia lunga giornata partendo da ieri, quando sono stato, su esplicito invito, a festeggiare lo Shabbath a casa del Capo.
La serata è stata piacevole ed è scorsa rapida in un ambiente che ormai considero familiare.

Avrei voluto che la notte fosse passata altrettanto in fretta, al fresco e senza Zanzare. Ma come dormono a Tel-Aviv??
Sveglia alle sei meno un quarto, e dopo qualche dubbio del Capo sui miei tentativi (alquanto fallimentari) di esprimermi :chewbacca: mi ha accompagnato in aereoporto.

Tel-Aviv -> Amman -> Chicago -> Richmond -> Norfolk

Il volo fra Tel-Aviv e Amman è andato bene, l’areoporto di arrivo era molto diverso da quello di partenza: uno scatolotto di cemento e vetro nel mezzo del deserto, con un piccolo giardino interno in cui si concentrava tutto il verde disponibile in kilometri di raggio. Lo stile minimalista degli archi in cemento con pochi e radi bar addobbava l’interno del terminal in cui ho atteso la connessione per Chicago. Devo dire che anche i controlli di sicurezza sono molto diversi da quelli di Tel-Aviv, tutto fatto a “mano” persone che controllano i bagagli e che si assicurano tu non abbia armi. Tutti cortesissimi e solari, forse un po’ curiosi della presenza di un turista nell’areoporto.

Il volo per chicago è stato luungo , piu di dodici ore, sinceramente ho perso il conto di quante.
Vicino a me una mamma con bambina di 10 mesi che per qualche motivo era veramente mesmerizzata dal mio parlare in italiano (la bambina) e con cui ho perperpetuato un lungo e solitario monologo per non farla piangere (sempre la bambina). Fortunatamente, dopo avergli raccontato il mio ultimo lavoro sugli hyperoni, si è addormentata senza fare troppe domande.
Poi ho avuto fin troppo da fare: Dormire, guardare Kingsman2, guardare una puntata di star trek, fare la presentazione per la conferenza, giocare con la switch, parlare fra me e me e immaginare situazioni impossibili mi hanno, purtroppo, rubato tutto il tempo a disposizione per continuare il mio libro… vabbè.

A chicago rischiavo di perdere la connesione visto il tempo che ho perso a racappezzarmi su come raccogliere il mio bagaglio, fare di nuovo il check-in per il volo interno e il cambiare terminal. Considerando che il treno fra un terminal e laltro era rotto (l’unico modo per passare da uno all’altro) sono stato fortunato ad arrivare prima che imbarcassero.

Il volo da chicago alla virginia è stato gia interessante, la gente che vive in Virginia è diversa da quelli che vivono in Illinois, e non solo fisionomicamente (per qualche motivo qui hanno tutti gli occhi azzurri e sono “biondi”), ma, forse a causa di una mia visione romantica e distorta della virginia, sembra che siano gente genuina che ti saluta quando passi in paese e che canta alle fese campestri. In effetti qui sono tutti cordiali e simpatici, ti parlano e te la raccontano, ti chiedono come va e sono gentili con te senza che tu glielo chieda. Ahhh… sembra di stare a JM….
La nostra assistente di volo si chiama giustamente Candice, anche se non pensavo che esistessero veramente persone di nome Candice.
L’areoporto di Richmond era completamente vuoto, ma pieno di pubblicita e cartelloni che dimostravano la passione della popolazione per quello che sembra lo sport nazionale: il nascar (mah… ). Un areoporto pieno di luci e vuoto di persone. Ahhh… sembra di essere ad Amman….

Hei Bro, how’ doing? Wher’u from, eh? Italy? Greet! I was in In Italy when [bla bla]… ok, sono riuscito a noleggiare la macchina. Un bel Maggiolone Rosso con cui guidare le strade della virginia. Come in un film. Si chiamerà Bonny.

Peccato che siano 24 ore che sono in giro e me ne manca una e mezza per arrivare in hotel.
Per svegliarmi ho dovuto guidare quasi alla Ace-Ventura con la testa fuori dal finestrino, ma sono arrivato.
Lascio la Bonny al valletto, vado in camera, doccia e tè caldo. sono le 2am: le 8 a casa, sono in giro da 27 ore, ora di nanna.

La mattina la ho passata a fare colazione, sia perche mi sono svegliato tardi sia perche ho incontrato un professore di Parigi con cui vado molto d’accordo e ci siamo soffermati a parlare per piu di un ora sui massimi sistemi, come per esempio la percentuale di zucchero dei waffel.
Quando torno in stanza noto che è in corso una convention di coriste gospel… America.
Alle 12. sono riuscito a riprendere il volante e guidare il mio maggiolone sulla statale 625 (credo) in cerca di una schedina telefonica, qualcosa da mangiare, un bancomat e un po’ di aria campagnola della Virginia!
Dopo un paio d’ore avevo mangiato e volevo girare un po’. Quindi ho girato il muso di Bonny verso est in direzione dell’oceano: Virginia beach! La migliore spiaggia dello stato! (non che ne abbia molte).
Prendo una strada laterale: voglio vedere come sono le case qui… Pickup, casetta singola in legno, bandiera americana, chiesa in mattoni con croce bianca enorme sul muro, scuolabus giallo come quello dei simpson, gente con cappello di paglia che riposa la domenica e saluta quando fai una foto di soppiatto. Siamo in America, tutto bene.

La spiaggia è affollata, e la sabbia scotta, è arroventata.
Il parcheggio sono 20$ – 2 ore. No grazie, parcheggio piu distante e mi faccio una passeggiata. La spiaggia è bella, tanta gente che ti chiacchera un po’ su, ti guardiano lo zainetto quando fai il bagno. Tante famiglie, tanti gruppi di amici. Si sta bene. L’acqua non è male: è calda anche se un po’ torbida. Non sembra di essere sull’oceano.
Passa un areoplano con un cartello: “Ocean Blue – parco acquatico, divertimento per tutti.” Tutto bene, è sempre America.

Torno a prendere Bonny e lo riporto all’areoporto (questo qui vicino di Richmond questa volta) e prendo un Uber per l’hotel.
Quando arrivo in stanza ne aprofitto per darmi una sistemata e farmi una doccia, poi guardo fuori dal finestrone: una bella vista sulla baia e sul porto in cui spicca la corazzata portaerei della marina degli stati uniti d’america.
Devo fare una foto da mandare al nonno.
Ma ora ho il primo incontro lavorativo: Il wellcome meeting.

Incontro un po’ di persone che gia conosco che gentilmente mi introducono a chi, invece non ho mai visto. Direi che a parte una piccola gaffe con uno degli inventori del shell-model, Millener che è un luminare, che io non avevo riconosciuto è andato tutto bene. Tanti Italiani, tanti Japponesi.
Alla fine serata incontro anche uno degli organizzatori, un giapponese molto simpatico che ha qualche problema a stare fermo sulle gambe. Deve essere difficile avere l’obbligo di bere una birra insieme a ogni ospite della conferenza.

E ora è tempo di nanna, domani si comincia veramente.
Buonanotte.

4 1 2018

In viaggio verso Eilat. Dopo aver costeggiato in Mar Morto da nord a sud siamo andati in avanscoperta di un luogo totalmente nuovo per noi, il deserto del Negev. Abbiamo pranzato in un moshav (https://en.m.wikipedia.org/wiki/Ein_Yahav) e poi tappa alla riserva naturale di Timna, splendido parco nel deserto roccioso in cui si possono osservare anche alcune incisioni rupestri. In tardo pomeriggio abbiamo raggiunto il Mar Rosso. Eilat è una vera e propria meta turistica. Negozi, pub, luci e colori sono l’unica attrazione serale della promenade che fiancheggia la lunga serie di lussuosi hotel. Così fuori stagione fa un po’ tristezza però.
Domani vorremmo dare un’occhiata alla barriera corallina, chissà se riusciremo ad avere almeno qualche ora di sole, i meteo online prevedono tutti sole ma le persone del luogo ci dicono che ci sarà una grande tempesta. Previsioni matematiche o saggezza popolare? “Mar Rosso di sera, bel tempo si spera!”

2 1 2018

Due cene, due famiglie, persone diverse ma valori comuni. C’è molto da imparare sull’ argomento da queste parti. L’ultimo dell’anno abbiamo passato il cenone con la famiglia di A., il padrone di casa, che ci ha portati un un posto molto fancy dove il piatto forte è la carne allo spiedo. Loro ci vanno una volta all’anno e quest’anno hanno deciso di portarci con sé. Le bambine erano veramente curiose di questi due ragazzi che non parlano la loro lingua ma che partecipano ad una tradizione di famiglia. Ci hanno accolto con un bel biglietto di auguri e con degli origami a forma di cuore, hanno condiviso con noi le patatine fritte (cosa non da poco, per un bambino) e ci hanno salutati con un abbraccio coccoloso. In questa occasione abbiamo imparato qualcosa che a quanto pare ha molta importanza per una famiglia come quella di A.: prima si mangia e poi si parla.
Il primo gennaio invece siamo andati a preparare la pizza da M., abbiamo insegnato ai suoi figli a fare l’impasto e a pasticciare come si deve in cucina. Anche qui la curiosità era tanta ma non valeva più la regola di prima si mangia e poi si parla. Anzi, qui si mangia, si parla, si gioca, si urla, si fa casino, entrano continuamente nuovi ospiti che vogliono mangiare la pizza fatta in casa, tutto molto folcloristico insomma. In entrambi i casi, però, abbiamo visto famiglie unite, accoglienti ed estremamente generose nel voler condividere con noi la loro vita di tutti i giorni.

30 12 2017

Stamattina, di buon’ora, ci siamo vestiti da turisti e ci siamo avviati verso la stazione dei bus della porta di Damasco. Il travestimento deve essere riuscito piuttosto bene dato che lungo la strada molte persone ci dicevano “Hi turists! Welcome to Israel!”. Dopo un breve momento per raccogliere la compagnia abbiano preso il bus per Betlemme. Arrivati alla città della natività siamo però stati assaliti da uno stuolo di tassisti che ci hanno proposto di portarci in ogni dove a prezzi convenientissimi. Un po’ perché non lo avevamo mai visto, ma anche per scappare dalla folla di tassisti, ci siamo celermente avviati verso l’infame Muro dove Banksi e altri artisti hanno voluto lasciare un’artistica traccia del loro punto di vista sulla delicata situazione di questa città.
Finito il giro abbiamo preso un taxi e ci siamo fatti accompagnare a Jerico. Prima tappa, il Palazzo di Hisham: abbiamo capito da dove viene la copertina della nostra guida. Siamo riusciti a convincere anche il tassista ad aspettarci, evitando così una lunga e noiosa camminata per ritornare in città. La seconda tappa è stata il monastero nella roccia di Qurantul. Il monastero era chiuso sfortunatamente, ma abbiamo rimediato un ottimo pranzo a base di falafel e kebab con vista sulla città più vecchia del mondo. L’ultima tappa è stata una breve ma intensa visita al centro di Jerico, dove abbiamo sperimentato un variegato spaccato di vita quotidiana. Il mercato gremito pullulava di colori e sapori in un aria molto più genuina e tipica di quello che è possibile trovare in altre città più turistiche. Dopo una breve tappa a comperare un kilo di fragole golose (5€) abbiamo raggiunto il nostro tassista e ci siamo avviati verso casetta. Fra la visita al monastero e quella al centro di Jerico il nostro autista ha voluto portarci a visitare alcuni amici per un tè alla salvia. Un fuori programma molto divertente che ci ha dato la possibilità di conoscere qualche persona locale ed allenare il nostro arabo. Buona serata, presto arriveranno altre foto, Lorenzo.

30 12 2017

Siamo sullo sherut. Stiamo tornando a Gerusalemme dopo una piacevole cena a casa di Ni. Vi domandate come ci siamo arrivati, cosa sia successo da quando la Tata ha scritto l’ultimo post. Andiamo con ordine: Mercoledì avevamo appuntamento da Na. per la solita serata giochi. L’occasione era propizia per farle conoscere Sara e mostrare a Sara un po’ della mia quotidianità qui in Israele. Prima però avevo un meeting con Be. all’ università e poi il corso di ebraico (che è saltato visto che il meeting è durato più del previsto). Sara è stata gentile e mi ha accompagnato con la scusa di approfittarne per organizzare meglio i prossimi giorni insieme.
Finito il meeting siamo passati allo suq per un tipico dolce palestinese, il knafe, a base di spaghetti di riso, zucchero, pistacchi e formaggio, che è sorprendentemente buono e leggero! Consigliatissimo! (Vedete immagini). La serata da Na. è stata molto tranquilla e divertente, abbiamo giocato ad Agricola e Candel Quest. Agricola è un bel gioco, ma personalmente non credo che entrerà nella mia wish list. Giovedì è stata un’altra giornata tranquilla, Sara è stata un po’ in giro la mattina per poi raggiungermi all’università dove siamo andati a mangiare in un piccolo locale (che io chiamo amichevolmente ‘lurido’) che fa piatti tipici in un atmosfera piuttosto … rustica … Alla Tata è piaciuto moltissimo come posto. Ha particolarmente apprezzato il ‘nice Rice, cooked by a nice Palestinian lady, called macluba’ . Il pomeriggio lo abbiamo poi passato ad organizzare il nostro presente e il nostro futuro e per passare un po’ di tempo con noi stessi e a provare qualche gioco da tavolo. Abbiamo anche creato un piccolo prototipo e lo abbiamo provato (guardate sempre foto). Oggi invece è stata una giornata piena e degna di un venerdì prima dello shabbat. Sveglia tardi e pulizie di casa, poi ancora un po’ di tempo per noi. Ci siamo ritagliati anche un’oretta per impastare una pizza che intendiamo portare da Mo. la settimana prossima (foto). Speriamo sia venuta bene, sono curiosissimo di tornare a casa per vedere se è lievitata! Poi mentre eravamo sul letto ho visto passare un pappagallo di fronte alla finestra, Sara è corsa sul tetto (non credo li abbia mai visti liberi in natura) per fargli le foto e spirali  (foto). Purtroppo la magia è durata poco dato che una cornacchia è arrivata ben presto a reclamare il proprio territorio scacciando i pappagallini. Purtroppo il tempo vola e prima di quanto avessimo voluto siamo dovuti correre a prendere lo sherut per andare a cena da Ni. (Il capo) e la sua famiglia. È stata come al solito una cena molto bella e piacevole, con molto buon e abbondante cibo. Ed ora siamo qui mezzi assonnati in attesa di arrivare a casa. Domani sarà un’altra bella giornata alla scoperta di Jerico. Laila tov.

25 12 2017

E’ la vigilia di Natale, la prima che passiamo a casa a Gerusalemme. Siamo arrivati stamattina dopo una settimana concitata in Italia ricca di emozioni, incontri e progetti su cui lavorare. Sebbene ci troviamo nella culla del Medio Oriente, da buoni italiani stiamo preparando la parmigiana di melanzane e il vitello tonnato in vista della cena di domani. Abbiamo deciso infatti di festeggiare questo Natale con alcuni ragazzi che sono qui a lavorare e approfittare di quest’avventua all’estero per scoprire i luoghi che ricorrono nelle storie della tradizione fin da quando eravamo piccini. Non è il periodo migiore (vedi due post precedenti) per visitare Betlemme, ma sembra che dopo i primi giorni di tafferugli la situazione sia rientrata nella normalità, nonostante gli effetti sul turismo si facciano sentire. Ci teniamo aggiornati per vedere il da farsi, anche se ci dispiacerebbe rinunciare visto che è una delle ragioni per cui non siamo rimasti con la nostra famiglia!
Per oggi scrivo io, Sara.


Non è Natale finché non c’è un albero addobbato. Noi lo abbiamo trovato a Betlemme, in una piazza gremita di persone danzanti e festeggianti. Nonostante sul calendario ci fosse scritto 25 dicembre, la temperatura elevata e il profumo di falafel nelle strade ci hanno catapultati ben lontano dalla classica atmosfera natalizia da neve e caminetto. Oltre alla visita dei luoghi della natività, abbiamo fatto l’esperienza migliore, come sempre d’altronde, interagendo con le persone. E’ sorprendente quanto cambino i modi di fare nell’arco di 7,12 chilometri (vedi distanza in linea d’aria fra Gerusalemme e Betlemme) e quanta curiosità può destare un turista che non fa veramente il turista e che vuole fare acquisti al mercato locale. Soprattutto è divertente vedere lo sguardo incredulo del commerciante da cui vuoi comprare le essenze profumate quando chiedi se quello che ha nella boccetta nel terzo scaffale a sinistra è veramente Chanel n°5 (scritto ovviamente in arabo, su una targhetta di legno).
Per tornare alla normaità del Natale e ricreare un ambiente familiare, ieri sera abbiamo festeggiato con gli amici francesi e brasiliani, mangiando, bevendo e ridendo allegramente. Nessuna foto a testimonianza di questa calebrazione inusuale, solo il ricordo.
Sara

27 11 2017

 

 

Questo weekend e’ stato un bellissimo weekend all’insegna dei giochi da tavola.
Con la compagnia del Mecoledì (N., J. e S. (il figlio di J.) e altri ) siamo stati allo Shabbathon sulla costa del lago di Tiberiade ( https://goo.gl/maps/Sy4vFQoV7Q12 ).
L’evento e’ stato una specie di convention in cui circa una 50-ina di persone proveninti da tutto israele medio-settentrionale si sono trovate per provare/giocare e scambiare giochi da tavola.
Fare un riassunto della giornata sarebbe lungo, ma vi condivido il post di Nadine che gestisce un bel sito (lei fa siti di professione) in cui tiene traccia delle varie serate ed eventi riguardanti i giochi da tavolo.

Al Shabbathon erano presenti sia persone ortodosse che secolari.
Dato che l’evento si teneva fra venerdi’ e sabato gli ortodossi avevano diverse cerimonie e tradizioni da seguire. Questo ha fatto si che i due gruppi si separassero naturalmente in maniera che i secolari non dovessero smettere di giocare per aspettare gli ortodossi che erano andati alle cerimonie (la non mescolanza e’ uno delgi aspetti dell’ebraismo come delle altre religioni). Ovviamente quando possibile si giocava tutti insieme e non ho trovato una singola persona che non fosse accogliente, tollerante, simpatica e piacevole.

In realta’ io sono stato prevalentemente in compagnia di ortodossi un po’ perche’ conosco piu ortodossi che secolari e un po per curiosita’. Venerdi’ sera c’e’ stata l’accensione delle candele per l’inizio shabbath e la benedizione a cena che e’ stata praticata (guidata) da J. (vi ricordo che non ci sono sacerdoti e chiunque puo’ “celebrare”). Sabato mattina ci sono statele preghiere (a cui non ho partecipato) e lo spegnimento delle candele.

Devo ringraziare J., N. e S. per avermi dato l’opportunita’ di partecipare. Il posto era davvero bello e la quantita’ di partecipanti quasi perfetta per poter trovare sempre qualcuno con cui giocare e nel qualtempo non aver difficolta’ ad identificare qualcuno che possa insegnare i giochi senza dover perdere troppo tempo sui libretti d’istruzioni.

I giochi che ho provati sono stati descritti da N. sul suo sito (confido nel lavoro di google traduci se siete poco confidenti con l’inglese).