9 12 2018
Lorenzo Contessi il 12/09/2018
Prima settimana di lavoro a Riken. Ufficio nuovo, persone nuove, integrale vecchio.
E’ passata una settimana da quando siamo arrivati a Riken ed è ora di fare il punto della situazione. La prima settimana è passata veloce, ma purtroppo, personalmente, non ho avuto molto modo di fare il turista.
So che la Tata è andata di qui e di lì, ha visto templi e parchi, e vi ha tenuti informati sulla situazione fra i Nipponi.
Quindi vi ritengo informati sulle ultime tre pagine del diario!
Ne approfitterò per parlarvi un po’ della mia settimana dal punto di vista lavorativo.
Dopo il primo weekend in cui siamo arrivati e ci siamo sistemati, il jet lag ha cominciato a mietere vittime fra le mie ore di produttività. Rimanere sveglio durante la conferenza a cui ho assistito martedì pomeriggio (dopo pranzo per di più) è stato molto complicato.
A parte questo piccolo dettaglio l’inizio settimana è andato molto bene e lunedì sera abbiamo avuto anche l’occasione di fare una bella festa in laboratorio la sera.
La nostra ospite, la professoressa E. H. (solo E. per gli amici) è stata molto carina ma purtroppo il gran numero di ospiti presenti non ci ha permesso di discutere di fisica quanto avrei voluto.
Per fortuna avevo molto lavoro arretrato e ho approfittato della settimana tranquilla per cercare di finire dei calcoli che mi servivano per un articolo cominciato a Gerusalemme.
Settimana prossima sarò a Tokai, un paesino in cui non c’è proprio nulla, a seguire una conferenza che si prospetta molto interessante.
Tata, purtroppo (più per me che per lei, dato che Tokai è proprio fuori mano), non mi seguirà.
Si dovrà impegnare per imparare più Japponese possibile in questi due mesi e la settimana prossima sarà l’opportunità per provare qualche scambio linguistico.
Oltre all’aspetto lavorativo, quello umano sta andando relativamente bene. Di solito è molto difficile entrare in contatto e confidenza con persone in un posto nuovo, ed il Giappone rende queste difficoltà ad un livello ancora più avanzato.
Nonostante ciò siamo riusciti ad interagire molto bene con già due terzi del gruppo di cui faccio parte qui (tre persone in tutto) e con uno dei due ospiti a medio termine.
Il gruppo conta una dottoranda coreana (J.), un postdoc Japponese (Y.) e un postdoc Turco (U.) che assomiglia molto a un nostro caro amico (F. D.).
Il Turco lo abbiamo visto solo alla festa, abita molto lontano da qui (1h 30m) e lavora quasi sempre da casa. Però abbiamo già stabilito una certa connessione, forse per la vicinanza geografica dei paesi natii o forse perche sembra capire il mio umorismo.
Col Japponese siamo usciti a fare una serata socievole. Ci ha portati in un ristorante poco lontano da qui, nel centro di Wako (Letto Vuacò, senza mettere l’accento sulla “i”).
La serata è stata bellissima e noi ci siamo sentiti un po’ più liberi dalle costrizioni sociali Japponesi dato che Y. ha studiato per un periodo in Italia ed eravamo sicuri che non si sarebbe offeso anche se avessimo fatto un po’ di cose strane per le persone locali.
La cena è stata fantastica, Saké (che è il drink, da non confondersi con Shake che è il salmone), pinne di razza fritte, tempura, riso con maialino in salsa di soia (in inglese Pork, ma qui la “rk” è muta e devi dire “Po” sennò la gente non ti capisce) ed infine sashimi di pesce palla (!!).
Tutto buonissimo! E siamo ancora vivi!
Un’importante nota è che durante questa settimana siamo riusciti a fare bere alla Tata un certo quantitativo di Saké ed altri cordiali (mai vista una cosa simile!); ma sta bene e non sembra averne risentito!
Mi ha già detto, in più di un occasione, di amare molto il Saké alla prugna… Prendo nota.
Con la dottoranda Korena (J.) abbiamo stabilito un ottimo rapporto anche perché, come dicevo, il Jappone non è molto amichevole con chi viene dall’estero e per un dottorato può essere un esperienza frustrante (anche per chi abita a casa ed è coccolato da familiari ed amici) e volevamo provare ad esserle più di conforto possibile.
Abbiamo, quindi, deciso di organizzare uno scambio culturale: noi le insegnamo le basi della cucina Italiana e lei ci insegna quelle della cucina Koreana!
La lezione di oggi era sulla Amatriciana… Quasi Amatriciana… Non sappiamo leggere il Japponese quindi abbiamo cercato la cosa più simile al guanciale o almeno alla pancetta… Beh qualunque cosa noi abbiamo comperato NON era pancetta. Ma la pasta è venuta molto buona comunque! Yeee! (ci mancava un po’ la pasta. Viva la pasta! ).
In Laboratorio ci sono anche due ospiti che vengono dalla Cina, sembrano ragazzi svegli, ma siamo riusciti a convincerne solo uno a venire in gita con noi questo weekend.
Loro lavorano in Cina dove fanno il dottorato, ma vengono spesso qui dato che il loro è un progetto di doppia laurea.
Si diceva che il Giappone è un po’ diffidente con gli stranieri, infatti il nostro desiderio di passare una serata con una famiglia Japponese vera sembrava destinato ad non avverarsi mai.
Ma come tutti sappiamo la carta “essere italiani” ti aiuta a conoscere persone e vincere la diffidenza iniziale… perche lo sappiamo tutti: “ah! Italiani! Pasta, piazza, mandolino! sono stato anche io a Napoli 30 anni fa! (???) Siamo quasi fratelli! Vieni a cena da noi che ti raccontiamo dei bei tempi andati!” .
Quindi in treno abbiamo rimediato un invito a pranzo/cena da una signora Japponese molto simpatica che parlava addirittura inglese!
Mentiremmo se dicessimo che non ci ha fatto piacere, e stiamo aspettando con trepidanza il giorno in cui metteremo piede in una vera casa Nipponica!!! 🙂
Domani si torna al lavoro, con la speranza di poter parlare con la professoressa E. H. e con molto lavoro arretrato ancora da fare.
Un’ ultima menzione va alla mensa in cui una scodella di Udon o ramen si paga 1.50€, molto poco per un pasto caldo e che io apprezzo sempre moltissimo!! Alla Tata la mensa non piace moltissimo, ma io apprezzo molto un pasto leggero, salutare, caldo e non troppo costoso per le giornate lavorative.
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