Finalmente un po’ di neve. Diciamo che in questi quattro giorni di viaggio con J. ne abbiamo fatto il pieno, nel caso non avessimo più occasione di vedere uno spettacolo simile. Al nostro arrivo a Takaoka, le
Alpi giapponesi ci hanno accolto con una bella nevicata, che a tratti durante il giorno sembrava quasi bufera. Con il world heritage bus risaliamo la ripida strada, completamente bianca, che ci porta a Gokayama. Questa regione è molto rinomata per i villaggi di
Ainokura e
Suganuma, patrimonio dell’UNESCO, dove si trovano le tradizionali case con i tetti dalle mani giunte (in lingua locale
gassho-zukuri). I tetti in paglia molto spioventi, ricordano le mani dei monaci buddisti in preghiera, da questo il loro soprannome. Sulle montagne è bianco ovunque e la neve continua a scendere copiosa, ce ne sarà almeno mezzo metro sui tetti delle case!
I villaggi hanno il loro fascino già di per sé, ma l’atmosfera magica di questa stagione è veramente unica. Purtroppo gran parte dei musei e delle botteghe artigiane erano chiusi per via del capodanno, ma per godere a pieno di questo luogo ameno è bastata la visita a cielo aperto intervallata da qualche battaglia a palle di neve, giusto per tenerci caldi. Finalmente, qui, abbiamo visto anche i famosi cachi giapponesi che stavo cercando da qualche tempo (ricoperti di neve, come descritto nel libro Né di Eva né di Adamo di Amélie Nothomb). La notte abbiamo pernottato in un ostello, situato sul crinale della montagna in prossimità di Kaimukura, che non ha nulla a che vedere con gli ostelli a cui siamo abituati: la camerata mista ha otto postazioni con letti a castello, ma ogni letto in realtà è una cabina a sé che garantisce ad ognuno la sua privacy e tutti i comfort del futon. Ottima esperienza. La sera abbiamo mangiato in una locanda dove il proprietario, cuoco e fornitore (sì, è la stessa persona), propone un menu di selvaggina del posto. Ci lascia perplessi, ma al contempo molto incuriositi, il fatto che qui si mangi carne di orso. Tutto buono, per carità, ma mai come quello che si mangia in montagna da noi.
Al risveglio il giorno dopo ancora nevica. Poco male, all’ostello ci siamo scaldati e l’entusiasmo per tutto questo candore è ancora a livelli piuttosto elevati. Raggiungiamo Kanazawa in poco meno di due ore e cominciamo la nostra visita. Seguiamo le persone che si aggirano per la strada con dei bento giganti di polistirolo: stanno andando tutti al mercato del pesce di Omicho a fare la spesa per il nuovo anno e quel bento in realtà è un contenitore di polistirolo contenente il ghiaccio per mantenere le provviste fresche fino a casa (come se servisse). Al mercato ci sono anche un sacco di localini in cui fare gli assaggi, dicono che qui a Kanazawa il pesce e i frutti di mare siano i migliori del Giappone e ci ripromettiamo di tornare al mattino seguente per la colazione (scelta un po’ hardcore ma J. dice che così si fa, in da queste parti).
Nonostante anche qui gran parte dei punti di interesse fossero chiusi, siamo comunque riuscire a visitare gran parte delle attrattive della città: il Castello, il giardino Kenrouken, il tempio Myouryuji (detto tempio dei ninja per tutte le botole e i passaggi segreti che permettono di sparire e nascondersi in un istante), il quartiere delle geishe Nishi-Chaya (Kanazawa è la seconda città del Giappone conosciuta per le scuole di Geisha), il quartiere dei samurai con la bellissima casa Nomura (residenza di un vero samurai, in cui abbiamo anche assaggiato un vero macha nella sala da té – senza cerimonia purtroppo), e infine qualche tempio lungo la strada. Per cena abbiamo scelto di scoprire se è proprio vero che il pesce a Kanazawa è il più buono del Giappone: siamo stati da Maruyoshi sushi, un ristorante a condizione familiare – il mastro sushi e sua moglie – con 10 posti lungo il bancone e menu che varia a seconda del pescato del giorno.
Siamo stati molto fortunati: 7 posti erano già prenotati e tre – giusti, giusti – liberi per noi. Noi due siamo stati ancora più fortunati ad avere con noi J. che parla un po’ di giapponese e ha potuto chiedere allo chef cosa stavamo mangiando. Iniziamo con sake caldo e degli assaggi di antipasto che qui chiamano oden, nel nostro caso una specie di canederlo di rice-cake con all’interno un uovo sodo, un involtino di cavolo e riso e la “solita” radice – qui la mangiano sempre e comunque, non sappiamo veramente cosa sia e non ne andiamo nemmeno matti, ma era il consiglio dello chef (in giapponese: osusume) e ormai ce ne siamo fatti una ragione. A seguire, una selezione di nigiri-zushi: tonno, salmone, yellowtail e, come assaggio, uno a testa di gambero, pesce bianco e pesce ciccione. Sia il pesce bianco che il pesce ciccione non li conosciamo perché non sono tipici né dei nostri mari né delle nostre tavole, ma abbiamo provato qualcosa di nuovo, come piace a noi. Per concludere in bellezza un granchio a testa, mai mangiato così, direttamente dal granchio! Visto che stavamo simpatici al cuoco e a sua moglie, una volta che abbiamo ripulito il carapace hanno cominciato a versarci il sake nel guscio – il primo sorso è stato un po’ strano ma alla fine non era male! Siamo tornati a casa sotto la neve, con un piccolo intervallo in un caffé per il dessert (occidentale – basta focaccine ai fagioli) per concludere al meglio la serata.
Il giorno dopo siamo ripartiti presto per Nagano, saltando l’idea del pesce fresco per la colazione visto che avevamo il caffé incluso nell’hotel a capsule (noi avevamo la capsula matrimoniale, quindi sembrava di essere in un letto a castello da una piazza e mezza, niente di futuristico) e che l’ultimo treno utile partiva dalla stazione di Kanazawa prima dell’apertura del mercato.
A Nagano ci aspetta il sole: partiamo subito per la visita al parco delle scimmie Jigokudani.
Dopo il bus, risaliamo la montagna lungo il torrente che ci porta al famoso onsen dove i macachi giapponesi fanno il bagno. Sapevamo che ci sarebbe piaciuto ma non pensavamo di rimanere così affascinati da questi primati. Oltre al fatto che se ne fanno un baffo di tutte le persone intorno a loro e degli obiettivi puntati ai loro occhi, sembra veramente che i macachi si godano la bella vita prendendosi cura gli uni degli altri e riscaldandosi a vicenda quando escono dalle acque termali. Lo spettacolo più emozionante è vedere i piccoli che giocano con la neve e che sperimentano il mondo circostante, o che semplicemente restano attaccati come marsupi alle loro mamme che li proteggono gelosamente dagli altri membri del branco. Gli atteggiamenti antropomorfi e il fatto che facciano molte cose solo per divertimento ci fa capire quanto siano simili a noi. Esperienza davvero memorabile e molto più intensa di quanto potessimo immaginare.
Al ritorno verso Nagano ci siamo fermati per una breve sosta ad
Obuse, un villaggio rinomato per gli artisti del legno e la produzione di castagne e prodotti derivati. Secondo la guida è una tappa imperdibile, ma con tutti i musei chiusi l’unica cosa veramente degna di nota è stata la pasticceria dove abbiamo acquistato i dolci alle castagne per i festeggiamenti di capodanno. Arrivati a Nagano abbiamo fatto la spesa per il “cenone”: visto che anche i ristoranti il 31 dicembre di sera chiudono, ci siamo fatti una cena fai-da-te da gustare nella verandina del nostro “chalet” con v
ista città e montagne. Il posto era davvero carino, la vista panoramica molto bella e la camera tipica da ryokan giapponese con il tatami, le pareti in carta di riso e i futon super ciccioni per stare caldi la notte. Abbiamo mangiato, riso (e anche mangiato riso), scherzato e giocato a carte fino alla mezzanotte, rimanendo svegli solo per il countdown e per il consueto brindisi, poi siamo crollati tutti e tre nel giro di qualche minuto.
La notte è stata un po’ fredda, ma noi siamo abituati alle condizioni estreme quindi abbiamo dormito alla grande fino alla mattina, mentre J. è rimasta un po’ congelata – al risveglio in camera c’erano 7 gradi (non male considerato che fuori erano -7). Dopo una colazione lenta e molto abbondante ci siamo fatti portare al tempio Zenko-ji. Come vuole la tradizione per il primo giorno dell’anno, anche gran parte degli abitanti di Nagano erano in visita al tempio per esprimere i loro desideri e pregare chiedendo protezione per il nuovo anno. La coda era molto lunga, è stato molto bello assistere a un rituale così radicato nella tradizione.
Questo viaggio di fine anno è stato davvero entusiasmante e, nonostante siamo arrivati a casa cotti, siamo veramente soddisfatti delle esperienze che abbiamo fatto e dei posti che abbiamo visto in quattro giorni. Ma anche tornare a casa è bello e, soprattutto, a casa c’è la vasca da bagno che ci aspetta. La vasca tipica delle case giapponesi è davvero pensata per rilassarsi, altro che quelle in occidente. Sicuramente, di questa esperienza nel Sol Levante, la vasca sarà una delle cose che più ci mancherà quando torneremo a casa.
Con le scimmie nella neve chiudiamo un 2018 di cambiamenti e avventure, e con un rigenerante bagno caldo iniziamo un anno che si prospetta altrettanto frizzante! Buon inizio 2019 a tutti voi!
Se volete seguire le nostre avventure, aggiungetevi all’album di google foto tramite il seguente link:
Sara e Lorenzo in Giappone